La fotobiomodulazione a Led: una luce terapeutica per le patologie muscolo-tendinee e per molte altre applicazioni.

 

di D.ssa Francesca Onetto

 

  1. Un po’ di storia;
  2. meccanismi molecolari;
  3. applicazioni cliniche;
  4. correlazione con l’imaging.

La fotobiomodulazione è una terapia basata sull’utilizzo di biofotoni in uno spettro di luce compreso tra i 630 e 880 nm.

Alla fotobiomodulazione sono stati attribuiti nomi differenti nel corso degli anni:

LLLT low-level light therapy, low-level laser therapy, LED therapy, cold laser ecc…

Si tratta comunque di terapie basate sull’utilizzo  di un fascio di luce nello spettro del rosso e del near-infrarosso  che determinano effetti  benefici nei tessuti biologici senza dare alcun effetto collaterale, essendo inoltre una luce atermica.

La sorgente che produce questa luce puo’ essere un laser o un Led.

Un po’ di storia 

Gli effetti benefici di questo spettro di luce sono stati scoperti dal dott. Endre Mester dell’Università di Semmelweiss di Budapest nel 1967, che si accorse di come le ferite provocate alle cavie guarivano molto più velocemente se esposte a questo tipo  di luce. Nel 1968, pubblicò i primi riscontri della risposta al dosaggio bifasico, o effetto Arndt-Schulz, in uno studio intitolato “Studi sugli effetti inibitori e stimolatori dei raggi laser”. Mester proseguì le ricerche nell’ambito della biostimolazione sino al 1985 con molte pubblicazioni sulla guarigione delle ferite, sulla rigenerazione delle fibre muscolari ed il trattamento clinico di necrosi della pelle. Nel 1971 gli fu conferito il Dottorato Scientifico dall’Accademia delle Scienze Ungherese in riconoscimento del lavoro svolto. Ebbe numerosi collaboratori durante le sue ricerche sul laser ed il suo lavoro clinico, in particolar modo i suoi due figli: Adam Mester, M.D., un radiologo, ed Andrew Mester, M.D., un otorinolaringoiatra. Lavorarono e pubblicarono insieme e, dopo la morte del Prof Mester, Adam ed Andrew, proseguirono la ricerca e gli studi clinici in ambito laser.

La fotobiomodulazione fu studiata a lungo dai medici della NASA e poi diffusa in tutto il resto del mondo. Il FDA l’ha approvata nel 2002.

Fino al 1990 la fotobiologia era dominata da sorgenti laser perché i Led erano troppo costosi, successivamente hanno cominciato a diffondersi i Led.

Tutto cambiò nel 1998 con il cosiddetto NASA-LED del  prof. Harry Whelan che era particolarmente performante e permise di effettuare molti studi clinici.

Perché una terapia con la luce può essere così efficace per l’essere umano?

Dobbiamo partire da una nozione fondamentale: tutti gli esseri umani, animali e vegetali emettono luce, emissioni spontanee di quanti di luce chiamati biofotoni. Questi quanti di luce sono di intensità ultradebole e pertanto non sono visibili a occhio nudo.

L’emissione di luce da parte degli esseri viventi è stata dimostrata grazie all’uso di un fotomoltiplicatore da un biofisico tedesco nel 1976: il Prof. Fritz Albert Popp.

Secondo le teorie di Popp il DNA si può considerare un’antenna di emissione e di ricezione di biofotoni. Nei mitocondri sembra che si organizzi una rete biofotonica, coerente ed interattiva, capace di regolare tutto il metabolismo cellulare: la crescita,  la differenziazione, la rigenerazione e l’apoptosi delle cellule.

Così scriveva Popp:

“ Oggi sappiamo che l’uomo è essenzialmente un essere di luce. E la scienza moderna della fotobiologia ce ne sta fornendo le prove. Nel campo della salute le implicazioni sono enormi.

Basti pensare che la luce può generare o arrestare delle reazioni a catena nelle cellule e che il danno genetico può essere virtualmente riparato nel giro di alcune ore da fasci di luce coerente chiamati biofotoni”.

Secondo Popp la salute dipende strettamente dai nostri biofotoni, sia quelli emessi dal nostro corpo sia da quelli che possiamo ricevere da fonti esterne.

Il Led agisce quindi in virtù dei biofotoni e pertanto il primo stimolo è uno stimolo di tipo biofisico che si converte secondariamente in uno stimolo biochimico.

Gli effetti biochimici sono stati a lungo studiati ed in letteratura si ritrovano migliaia di articoli scientifici a riguardo.

Meccanismi molecolari

La luce nello spettro del rosso ed infrarosso ha come bersaglio il mitocondrio delle nostre cellule ed in particolare il fotoaccettore sembra essere un enzima chiamato Coenzima C ossidasi (COO) che contiene un gruppo eme.

Tale enzima viene attivato dallo stimolo luminoso e così viene innescata un’attivazione di una catena enzimatica che ha come prodotto finale l’ATP.

Una cellula ricca di energia sarà in grado di svolgere al meglio tutte le sue funzioni metaboliche.

Secondo Karu e Hamblin il primo evento è l’assorbimento di un fotone da parte del cromoforo COO.

Tale interazione aumenta il potenziale della membrana mitocondriale causando un incremento della sintesi di ATP e determinando cambiamenti delle specie reattive dell’ossigeno (ROS), degli ioni calcio e dell’ossido nitrico (NO).

Un effetto biochimico che spiega la riduzione del dolore dopo applicazione del Led è la riduzione di alcune interleuchine proinfiammatorie, in particolare la riduzione della IL 6 e IL 8 e l’aumento della IL 10 con proprietà antiinfiammatoria. Vengono ridotti anche i valori delle PGE2 sulle quali agiscono anche i farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS).

La fotobiomodulazione a Led  è una luce rigenerativa per tutte le linee cellulari: agisce per esempio sui fibroblasti inducendoli a produrre collagene e ciò spiega gli effetti benefici sulla guarigione delle ferite e sugli impieghi nel campo dell’estetica; in particolare sembra che venga stimolata la produzione di collagene di tipo I e III. Sembrano stimolati alcuni fattori di crescita come il fattore di crescita dei fibroblasti (bFGF) e il fattore di crescita dei cheratinociti (KGF).

La guarigione delle ferite sembra essere legata alla migrazione di macrofagi e molte altre cellule del sangue, al rimodellamento della matrice extracellulare e alla stimolazione del fattore di crescita endoteliale (VEGF).

Le cellule muscolari dopo irradiazione riparano le microlesioni post-allenamento intensivo e anche le lesioni post-traumatiche più importanti. 

Molti studi in letteratura si sono concentrati sul dosaggio di enzimi di degradazione muscolare come il CPK , l’LDH e l’acido lattico e hanno dimostrato come dopo irradiazione con la fotobiomodulazione, questi valori si riportano in tempi molto brevi entro valori normali rispetto a gruppi di atleti non trattati.

Anche le cellule nervose beneficiano dell’applicazione di tale spettro di luce agendo su molecole appartenenti al gruppo delle neurotrofine, riducendo lo stress ossidativo dei neuroni e delle cellule nervose di sostegno.

Altri effetti determinati dalla fotobiomodulazione a Led sono correlati al rilascio di NO che è un potente vasodilatatore: ne consegue un netto miglioramento della vascolarizzazione della regione trattata con apporto di sangue ossigenato e un miglioramento della circolazione venosa e linfatica con effetto drenante immediato.

Molto importante è l’applicazione di alcune frequenze in grado di bloccare la trasmissione dell’impulso nervoso attraverso le fibre C che sono quelle deputate alla trasmissione del dolore. Tramite tali frequenze si raggiungono livelli di analgesia che hanno durata variabile da paziente a paziente e da patologia a patologia.

Sono stati dimostrati inoltre effetti sistemici, quali l’aumento di endorfine, serotonina, l’alcalinizzazione e per esposizione ad ampie superfici corporee anche di vitamina D.

Si può dire che questa fonte di luce riporta i tessuti ad una omeostasi accelerando il nostro normale processo di guarigione.

Applicazioni cliniche

La fotobiomodulazione a Led è una terapia molto versatile.

Nella nostra esperienza, abbiamo trattato un’ampia casistica di pazienti affetti da patologie muscolo-tendinee e abbiamo riscontrato risultati sorprendenti.

La correlazione con l’imaging ed in particolare con l’ecografia ci ha consentito di fare una diagnosi precisa del tipo di patologia da trattare, di circoscrivere con esattezza la sede ed in base al tipo di alterazione di scegliere la frequenza più adatta.

La variabilità dei risultati è sicuramente interconnessa al tipo di device di cui si dispone e strettamente correlata all’esperienza personale su quell’apparecchiatura.

La scelta delle frequenze  infatti  deve variare in base al tipo di patologia, alla sede (tendine/cute/muscolo/articolazione), alla profondità della lesione, alla costituzione del paziente e alla correlazione temporale (patologia acuta o cronica).

È solo l’esperienza a permettere la scelta migliore delle applicazioni.

Infatti il problema che emerge dalla letteratura è che non esiste la possibilità di una reale standardizzazione di dosaggi di luce (joule/cm2) per la grande diversità di device esistenti.

Le applicazioni cliniche in ambito riabilitativo sono molteplici:

cervicalgie, dorsalgie, lombalgie anche per la marcata capacità decontratturante di tale terapia; sulle patologie di spalla dimostra grande efficacia nelle periartriti in fase acuta (necessarie solo 3-4 sedute per la remissione totale) e nelle tendiniti del capo lungo del bicipite ma anche in patologie croniche come l’impingment, le borsiti della borsa sottoacromion deltoidea, la spalla congelata.

Questa tecnica si è rivelata estremamente efficace nella terapia delle tendinopatie dell’Achilleo ma anche le tendiniti della mano e del piede, spesso post-traumatiche.

In aumento esponenziale sono le patologie correlate all’uso del mouse come la tendinite di De Quervain o la tendinite del tendine estensore ulnare del carpo.

Molto importanti sono le applicazioni sulle problematiche di tipo neurologico: la sciatica, le neuropatie periferiche post-traumatiche e le neuropatie post-herpetiche.

Un’applicazione molto interessante, già in uso negli ospedali in America, è la prevenzione e la cura delle mucositi post-chemioterapia, patologia spesso molto invalidante per il paziente oncologico che può arrivare a impedire l’alimentazione ed obbliga a terapie prolungate con antimicotici.

Ci sono molti studi  sulla guarigione delle ferite ed in particolare sulla cura del piede diabetico.

Nel mondo ci sono medici che si sono specializzati in ambiti differenti, che  utilizzano apparecchiature particolari che producono biofotoni.

Ci sono applicazioni, oltre all’ambito riabilitativo, nell’oculistica, nell’odontoiatria, nella dermatologia, nelle disfunzioni sessuali e nella sterilità, nelle patologie depressive, dell’Alzahimer e del Parkinson (per queste ultime esistono device conformati a caschetto), diffuse esclusivamente all’estero.

Grazie alla collaborazione con un oculista stiamo accumulando casistica riguardo una patologia molto diffusa, la maculopatia degenerativa secca, che al momento attuale non ha possibilità di terapia farmacologica.

Tutti i pazienti trattati, molto anziani e molto compromessi, hanno recuperato due diottrie alla fine dei trattamenti. Lo studio, di lunga valutazione, è ancora in corso.

In Italia si ha soprattutto la diffusione delle applicazioni estetiche: il fotoringiovanimento, il trattamento della cellulite, delle cicatrici e la ricrescita dei capelli.

Le prospettive in campo medico sono quindi molteplici e aprono scenari stimolanti, in cui sarebbe necessaria e auspicabile una collaborazione interdisciplinare e un confronto aperto a nuovi paradigmi e scevro da pregiudizi.

  1. Low- level light therapy:Photobiomodulation. 2018  M. Hamblin,Cleber Ferraresi, Ying Ying Huang,James D.Carroll. SPIE tutorial text.
  2. E. Mester, A. F. Mester, e A. Mester, “The biomedical effects of laser application”, Laser Surg. Med.5(1),31-9 (1985).
  3. Is light-emitting diode phototherapy (LED-LLLT) really effective? Won-Serk and R Glen Calderhead.Laser Ther 2011;20(3):205-215.
  4. The nuts and bolts of low-level laser (light) therapy. Hoon Chung, Tianhong Dai, James D. Carroll and Micheal R.Hamblin. Ann Biomed Eng 2012 February; 40(2):516-533.